Recensioni
Daniel Buso
In-formale è negazione della riconoscibilità della forma: smarrirsi nella materia per rinunciare alla creazione.
Niente di più distante dalle opere di Teresa Fabris. Il suo percorso consiste infatti nella ricerca di una creazione, la materia non è che un medium di cui dispone magnificamente per catturare il suo impeto. Un impeto formale che la costringe a creare. Forme sempre nuove, mutevoli e condannate alla soggettività di un'impressione, che si disperde soltanto confrontandosi con il pubblico.
Eppure Teresa Fabris sembra aver trovato recentemente una sorta di folgorazione: l'astratto poli-forme costruito faticosamente con la tecnica dell'acquerello.
Delicato ossimoro (astratto poli-forme) per un tentativo di evasione reso impossibile dai colpi della sua esplosività immaginifica.
Giorgio Pilla
Siamo di fronte ad una serie di acquerelli splendenti per luce e per profondità: sono dei quadri che sono assolutamente bidimensionali, a colpo d'occhio, ma che se si vanno ad analizzare danno senz'altro il senso della profondità, con un trucco, tra virgolette, da pittore ovviamente, perché lasciando questi piccoli spazi bianchi si creano dei fori: è il respiro del quadro.
Attraverso questi fori, queste lacerazioni, c'è proprio questa grande armonia tra il fondo che non si vede ma che c'è ed il presente che, evidentemente, è quello che si fa vedere di più.
Per dirla in poche parole, uso fantastico della calligrafia ed altrettanto importante l'uso del colore perché, senza l'abbinamento di questi due movimenti, questi quadri non esisterebbero. "E' chiaro che non esisterebbero", ma in maniera etica, non esisterebbero cioè nella loro bellezza attuale.